venerdì 31 agosto 2007

DIANA: la leggendaria macchina fotografica! review

Introduzione
Negli anni 60/70 un’azienda di Hong Kong, la “Great Wall Plastic Company”, produce una macchinetta medio formato completamente di plastica, ad un prezzo molto basso, e per questo si diffonde massicciamente a livello planetario. Pare che questa macchinetta venisse regalata alle stazioni di servizio, o insieme agli abbonamenti delle riviste, e via dicendo…. Il nome con cui si è, maggiormente diffusa è Diana, ma ne esistono una marea di varianti con i nomi più disparati: Debonair, Snappy, Banner, Asiana, Stellar, etc. Per un elenco dei nomi conosciuti vi rimando a questo sito (http://www.toycamera.com/diana/)
Tale macchina fotografica, per via di una lente plastica di qualità infima, riesce a realizzare delle immagini con delle sfocature talmente pesanti e imprevedibili, che le rendono molto interessanti. Le foto a volte sembrano quasi scattate sott’acqua!!! Tali caratteristiche hanno reso questa macchina molto ricercata tra i collezionisti malgrado sia stata prodotta in quantitativi enormi. Le quotazioni possono variare dai 3 ai 60 euro (ma anche di più) secondo le condizioni e dei modelli.
Sembrerebbe che la Lomographic Society stia per mettere in vendita un nuovo clone della Diana, chiamandola Diana+. Tale modello dovrebbe avere, tra le altre novità, la possibilità di cambiare al volo la lente con un foro stenopeico! Vedremo. Questa è una piccola recensione della leggendaria Diana.


Caratteristiche
Naturalmente è costruita completamente di plastica, compresa la lente. Questo modello (Diana-F) include sulla posteriore i due collegamenti per il flash a “Bulbi” incluso nella confezione originale.


Sull’obbiettivo troviamo il pulsante di scatto che è sempre pronto a scattare (quindi ricordatevi di avvolgere la pellicola ad ogni scatto.


Sulla parte frontale c’è la rotella per la messa a fuoco da 4 piedi (1 metro circa) all’infinito.



Nella parte inferiore dell’obiettivo troviamo il selettore per il tipo d’illuminazione (Sole, Semi nuvoloso, Nuvoloso) che naturalmente cambia l’apertura del diaframma.


Per aprire il dorso si utilizza la levetta posta nella parte inferiore della macchina.


Per inserire più facilmente il rullo da 120, si possono “aprire”due levette in basso. Attenzione però, perché sembrano abbastanza fragili.



La Diana nella maggior parte dei modelli (compreso questo) permette di scattare su un rullo formato 120, 16 pose in formato 4X4. Sul modello De Luxe invece vengono impressionate 12 pose 6X6.

Test e Samples
Questa prima mini gallery l’ho realizzata con un rullino Kodak T-max 400. Ma non ero molto ispirato e credo di aver sbagliato anche qualcosa in fase di sviluppo perché la grana è troppo evidente.

Vista la natura “sperimentale” di queste macchine, la seconda prova l’ho fatta con una pellicola Fujifilm NPL 160 per luce al tungsteno (ovvero con i colori virati al blu)…..scaduta naturalmente.

Qui ho scattato la stessa scena due volte mettendo la messa a fuoco sui due estremi.

Con la messa a fuoco sull’infinito, gli oggetti lontani a circa un metro e mezzo risultano giustamente sfuocati al contrario dello sfondo più o meno a fuoco. Ma la cosa assurda è che sulla parte bassa dell’immagine i rametti distanti poche decine di centimetri, risultano perfettamente a fuoco!!!

Conclusione

Probabilmente la madre di tutte le Toy Camera (la Holga è in sostanza un tentativo di clonazione), in cui naturalmente sfocatura e vignettatura la fanno da padrona. Ma effettivamente non ho mai visto un effetto così imprevedibile ed affascinante. Molti affermano che ogni singolo esemplare ha un suo carattere, e per questo i collezionisti cercano di accaparrarsi tutti i modelli che gli capitano a tiro. Davvero un must per chi ama il medio formato giocattoloso.

giovedì 30 agosto 2007

domenica 12 agosto 2007

HOLGA - test e samples

Questo post è stato trasferito al seguente indirizzo:
http://www.coagula.org/albedo/holga/

mercoledì 8 agosto 2007

Prima esperienza di sviluppo fotografico (a colori)

Chi si diverte, come me, a sperimentare con le pellicole, sa quanto può essere frustrante cercare un laboratorio di stampa che non storca il naso a sentir parlare di cross processing. Se poi si volesse sviluppare un rullino medio formato solo per vedere come funziona una toycamera appena acquistata, ci si ritrova costretti a spendere una decina di euro. Spesso per i formati che non sono il 35 mm ti costringono a stampare per forza tutto il rullino, altrimenti non ti fanno nemmeno lo sviluppo.
Così, invogliato da due dei miei blog preferiti ("Moomin Stuff" e "Alspix Stuff"), ho studiato un po’ e ho scoperto che per sviluppare un rullino non ci vuole un’attrezzatura mostruosa. Bastano infatti un paio di prodotti chimici che non costano neanche tanto, un contenitore di plastica specifico chiamato sviluppatrice (pochi euro per una usata trovata su Ebay), e una serie di altri strumenti che si possono trovare tranquillamente in casa (mollette, cavatappi, caraffa graduata, forbici, imbuto).
Così ho preso tutto l’occorente, e ho ordinato i prodotti chimici per lo sviluppo in bianco e nero, a colori di pellicole negative (processo C41), e a colori per dapositive.
Avrei voluto fare la mia prima esperienza con il bianco e nero, dato che pare sia il processo più semplice, ma il venditore a cui mi sono rivolto ha ritardato la spedizione (accidenti a lui). Così ho deciso di provare lo sviluppo di una pellicola negativa a colori. Il rullino che ho usato non è di certo professionale (un 400 asa della Coop!!!), anche perché volevo giusto fare un po’ di pratica prima di passare alle pellicole a cui tengo di più.
Il kit degli acidi utilizzati è prodotto dalla Nova Darkroom e si chiama “Nova ProSpeed 41”. In Italia potete acquistarlo a circa 25 euro più spese di spedizione da http://www.puntofoto.it/, che tra l’altro è stato velocissimo nella spedizione, malgrado il periodo pre-vacanziero.

Nel kit vengono fornite delle polveri da diluire in acqua secondo le istruzioni, per ottenere alla fine un litro di liquido di sviluppo, e un litro di Blix (arresto + fissaggio). Le istruzioni indicano che con tali liquidi si possono sviluppare 12 pellicole, per un periodo di circa un mese della creazione delle soluzioni, ma chi l’ha già usato dice che dura molto più a lungo, soprattutto se non si pretendono colori ultraprecisi. Vedremo.
Essendo la mia prima esperienza ho fatto un mezzo casino con i tempi e le procedure, tant’è che davo per scontato che il primo tentativo non avrebbe dato frutti……e invece quando ho appeso la mia pellicola ad asciugare, ho cominciato a intravedere le foto sul negativo. Troppo bello!!!
Sembrerebbe quindi che questi prodotti siano abbastanza tolleranti per quanto riguarda tempi e temperature. Comunque i risultati mi sembrano decenti.
Questi sono alcuni negativi scansionati con il mio HP G4050.


Appena divento un po’ più pratico, preparo un bel tutorial sullo sviluppo delle pellicole.

lunedì 6 agosto 2007

Lomographic Society Supersampler mini review

Qualche mese fa ho trovato su internet a un prezzo molto interessante la Supersampler. La particolarità di questa macchina è che le foto vengono suddivise in una sequenza di 4 piccole immagini verticali.
La Lomographic Society International punta molto sul design e la grafica dei loro prodotti, lo si nota già dalla scatola…….

……ma ancor di più dal package interno, dove troviamo la macchina, una pellicola, il libretto delle istruzioni, e un volumetto con molti esempi di “lomografie” scattate con la Supersampler.

La grafica è molto carina sia del package che del volumetto. Ma quando si prende in mano la fotocamera, ci si accorge subito della qualità “giocattolosa” del prodotto: tutta plastica leggera, niente flash, un mirino fintissimo, e una sensazione terribile di fragilità……però è bellissima da vedersi!
Frontalmente possiamo notare le 4 lenti.

Sul retro troviamo una pellicola appicicata sulla macchina con stampato un riassunto delle istruzioni, che può essere utile le prime volte che si utilizza la macchina. Si può notare in alto il selettore per scegliere la velocità della sequenza immortalata: 4 foto in 2 o in 0,2 secondi.

Per potercaricare la pellicola si deve abbassare il pulsantino laterale per aprire il retro e si deve premere l’avvolgi pellicola verso l’esterno in modo da avere lo spazio per inserire il caricatore.

Per caricare l’otturatore e per avvolgere la pellicola si deve tirare la cordicella, come se fosse un giocattolo a molla!!!

Dopodichè si può premere il pulsante di scatto sul lato opposto. Il rettangolino vicino al pulsante di scatto è il “mirino” ma è assolutamente inutile per quanto è approssimativo.

Sul fondo troviamo un contascatti e il pulsantino per sbloccare la pellicola in modo da poterla riavvolgere con la solita levetta.

Queste sono alcune foto scattate con la macchina, ma devo ammettere che non mi ha molto preso, e così più che altro ho scattato per finire il rullino……


L’otturatore è a velocità fissa, e direi che dovrebbe aggirarsi su 1/200 di secondo, quindi data la mancanza di flash, è necessario che ci sia un bel po’ di sole per non avere foto scure. Si nota anche una marcata vignettatura, ma per una Toycamera direi che questo è un must.

Conclusioni.
La macchinetta può essere divertente da utilizzare in situazioni affollate e giocose, come una festa in spiaggia ad esempio, e il package sembra perfetto per un regalo, ma il prezzo pieno (50 euro!!! Anche se in questo momento sullo shop italiano è scontata del 20%) mi sembra francamente leggermente alto per una macchinetta di plastica senza nemmeno un mirino. Se proprio volete provarla vi consiglio di cercarne su Ebay una usata, oppure ho notato che ultimamente all’Oviesse vendono a 20 euro la Actionsampler che fa foto simili anche se con un orientamento più “orizzontale”. In ogni caso resta un bellissimo oggetto da regalare all'amico fotografo che ha già tutte le sue belle reflex ultracostose.

domenica 5 agosto 2007

Tutorial: Polaroid Image Transfer

NOTA: Le pellicole Polaroid 669 contengono sostanze caustiche, e vanno quindi maneggiate con estrema cautela, magari con guanti protettivi.

Uno dei motivi per cui ho acquistato la Polaroid Colorpack II è che permette di utilizzare le pellicole 669. Questo tipo di supporto rende possibili due tecniche creative molto interessanti: l’Image Transfer, che spiego in questo post, e l’Emulsion Lift, che vedremo la prossima volta. Sul sito http://www.polaroid.com/ (sezione creative, creative techniques) trovate le istruzioni precise su come realizzare tali tecniche.
In pratica si tratta di fare la foto come sempre, ma prima che trascorra il normale tempo di sviluppo, si taglia il lato dove c’è tutta quella “robaccia” caustica giallognola


si stacca il negativo, e lo si appiccica a faccia in giù su un foglio di carta (ma va bene qualsiasi supporto piano). Alcuni preferiscono inumidire prima la carta “ricevente”, altri invece lavorano a “secco”. Uno dei supporti più utilizzati per tale tecnica è la carta per acquerello, e infatti, per i primi eseperimenti ne ho usato una da 300g/m2. Posizionato il negativo, lo si tiene fermo con una mano, mentre con l’altra si strofina sul retro del negativo, magari con un rullo tipo matterello, in modo da farlo aderire perfettamente sulla carta. Alcuni dicono energeticamente, altri delicatamente(?!?!?). Infine lo si stacca lentamente.






Se tutto va bene, ci si dovrebbe ritrovare con la foto stampata sulla carta.
Tutte le informazioni che ho trovato su internet indicavano come tempo di “pre-sviluppo” circa 30 secondi, ma personalmente mi sono trovato meglio a staccare il negativo appena uscita la foto dalla macchina, altrimenti l’emulsione risultava già troppo asciutta per staccarsi bene. Questo potrebbe essere dovuto alla pellicola scaduta da 6 mesi, oppure al caldo torrido che imperversa nella mia città da alcune settimane. In questo modo l’immagine sembra un po’ più scura.
Anche se tutti consigliano di tagliare il bordo “appicicoso” prima di staccare il negativo, io preferisco lasciarlo per avere dei contorni ancora più “sporchi”.
Purtroppo non sono riuscito ad ottenere un transfer perfetto, anche se le ho provate un po’ tutte: supporto secco e umido, pressione leggera e forte, carta ruvida e liscia……….
Ogni prova è risultata imperfetta, ma proprio per questo alcuni transfers mi piacciono moltissimo. Per fare le prove, mi sono fatto una serie di autoritratti (sono un megalomane).
Dato che il negativo viene staccato prima che lo sviluppo sia completo, le foto risultanti contengono solo il colore rosso, che è il primo che viene passato dal negativo alla foto.

Questa è una delle foto originali che mostro qui come esempio.




Queste prime due prove le ho eseguite su carta per acquerello.


Qui ho utilizzato la parte liscia del foglio per acquerello, ma devo aver aspettato troppo tempo e devo aver premuto troppo forte sul negativo, e così la carta si è praticamente incollata sulla polaroid. Tecnicamente è uscita una ciofeca, ma il risultato lo adoro!

Stufo della carta bianca, ho utilizzato l'interno della scatola della pellicola.

Infine, una busta dell'IKEA.

Conclusione: per ora non ho ancora capito bene quale sia la procedura giusta per ottenere un transfer preciso, ma la casualità dei risultati è decisamente soddisfacente. Alcuni transfer mi ricordano alcune cose di Dave McKean. Peccato solo che le pellicole costino così tanto!

Per chi volesse istruzioni molto dettagliate, può visitare il sito di Holly F. Dupré dove è possibile scaricare un vero e-book sull'argomento, e dove troverete una gallery di transfers riusciti bene (al contrario delle mie ciofeche).

Se voleste eseguire tale tecnica su immagini non scattate con delle Polaroid, ma con normali camere a 35 mm, avrete bisogno di un Daylab Slide Printer, o un Polaroid PolaPrinter, o un Vivitar Slide Printer, che permettono di trasferire le normali diapositive su pellicola 669.